Dalla lettura di alcune recenti sentenze di merito emerge che, a distanza di molti anni dalla delibera del CICR del 9 febbraio 2000, la giurisprudenza non ha raggiunto una uniforme linea interpretativa in ordine all’applicabilità dell’art.7.

Come è noto l’art.25, comma 3 del D.Lgs 342/99 attribuiva al CICR la potestà di stabilire le modalità ed i temi di adeguamento delle clausole relative alla produzione di interessi sugli interessi, contenute nei contratti stipulati anteriormente all’entrata in vigore della emananda  delibera.

Con delibera del 9 febbraio 2000, all’art.7 “Disposizioni transitorie”, il comitato stabiliva al comma 2, con riferimento alla capitalizzazione degli interessi di cui all’art.6, che “Qualora le nuove condizioni contrattuali non comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, le banche e gli intermediari finanziari, entro il medesimo termine del 30 giugno 2000, possono provvedere all’adeguamento, in via generale, mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Di tali nuove condizioni deve essere fornita opportuna notizia per iscritto alla clientela alla prima occasione utile, e comunque entro il 31 dicembre 2000. Nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, esse devono essere approvate dalla clientela”.

Tuttavia la Corte Costituzionale con sentenza n.425/2000, abrogava per eccesso di delega il citato terzo comma dell’art. 25 del D.Lgs. 342/99.

A seguito dell’abrogazione della norma, è pacificamente venuto meno anche l’art. 7 della delibera CICR del 2000, anch’esso travolto dalla declaratoria di incostituzionalità in quanto atto regolamentare di attuazione di una norma divenuta, appunto, incostituzionale.

In questo senso si sono da tempo pronunciati numerosi giudici di merito (Tribunale di Torino, Sentenza n. 6204 del 5/10/07, G. Rizzi – Tribunale di Benevento, Sentenza n. 252 del 18.02.08 – Trib. Orvieto, n. 166 del 30/7/05, G. Baglioni – Trib. Pescara, n. 722 del 30/3/06, G. Falco – Trib. Torino n. 5480 del 4/7/05 G. Rapelli – Trib. Teramo n. 1071 dell’11/12/06, G.Marcheggiani).

Va rilevato, ed è il motivo per cui si verte ancor oggi in argomento, che in illo tempore le banche, incuranti degli effetti abrogativi della sentenza della Corte Costituzionale, si sono il più delle volte ben guardate dal far sottoscrivere ai correntisti nuovi contratti contenenti clausole di capitalizzazioni degli interessi conformi al nuovo dettato legislativo, limitandosi, in applicazione del “defunto” art. 7 CICR, a pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale le nuove condizioni contrattuali contenenti la capitalizzazione.

Ancora oggi, tuttavia, alcune decisioni giudiziarie non tengono conto delle considerazioni espresse dalla succitata giurisprudenza, ritenendo valida la capitalizzazione degli interessi applicata ai conti correnti in essere prima del 2000, relativamente ai quali non vi sia stato aggiornamento contrattuale e precipua pattuizione, ma mera pubblicazione in Gazzetta, da parte della banca,  delle nuove condizioni.  In questo senso una recente sentenza del Tribunale di Torino (Trib.Torino dott.ssa Maurizia Giusta 17-02-2014 n.1244) .

In ogni caso è da notare che molti Tribunali, pur non dichiarando inapplicabile, in quanto implicitamente abrogato l’art. 7 della delibera in esame, giungono per altre vie a dichiararne la sostanziale inefficacia.

Vi è infatti chi ha correttamente rilevato, sotto il profilo delle prove processuali, che spetta alla banca, che assuma la legittimità della capitalizzazione degli interessi, l’onere di allegare e dimostrare di averne dato comunicazione scritta al cliente (Tribunale di Torino, dott.ssa M. Tamagnone sent. 3-12 gennaio 2011, n.132).

Ancora, più di un Tribunale ha evidenziato che il comma 2 dell’art.7 della delibera prevede che l’adeguamento senza nuova pattuizione sia possibile solo se le condizioni applicate dalla banca non risultino essere peggiorative rispetto alle precedenti, mentre, l’introduzione della capitalizzazione degli interessi a decorrere dal 2000 è sicuramente peggiorativa rispetto al divieto legislativo precedente (Tribunale di Torino dott. E Astuni sentenza 20 giugno 2014 – Tribunale di Treviso, Sez. distaccata di Montebelluna, 10 giugno 2013, n. 110).

Alla luce di quanto sopra si può trarre una conclusione; ovvero che la giurisprudenza in materia di diritto bancario è generalmente variegata e non univoca;   si pensi alle altre  molteplici questioni relativamente alle quali i Tribunali offrono soluzioni divere e divergenti (quelle attinenti l’usura, la prescrizione, l’onere di allegazione e di prova ecc….). Tale dato di fatto si riflette, sotto il profilo pragmatico, sia sul rischio di causa, sia sull’attività difensiva dell’avvocato, il quale deve ogni volta peritarsi di prospettare plurime ipotesi giuridiche e sollevare molteplici eccezioni e subordinate nell’intento di cogliere nel segno.