lo Studio Legale Riccio si occupa da tempo di contenzioso bancario e finanziario nell’ interesse dei consumatori e delle aziende vittime di usura o di altre prassi contrattuali illecite.
Le principali anomalie contrattuali oggetto di approfondimento e successivo contenzioso sono l’USURA, l’ANATOCISMO degli interessi, i vizi di TRASPARENZA contrattuale, tali criticità possono riguardare :
- Mutui – Leasing
- Finanziamenti per liquidità
- Finanziamenti al consumo
- Finanziamenti con cessione del quinto dello stipendio
Con riguardo al contenzioso in diritto finanziario lo studio si occupa di Derivati in genere, Swap, Negoziazione di titoli e valuta previa analisi peritale dei prodotti finanziari.
Lo studio si occupa anche delle procedure di recupero dei costi finanziari in caso di ESTINZIONE ANTICIPATA del finanziamento.
Le anomalie afferenti i contratti bancari ed i prodotti finanziari sopra citati possono condurre alla dichiarazione di nullità delle clausole illecite o illegittime, con la conseguente possibilità di ottenere la restituzione degli interessi pagati.
Lo Studio segue sia il contenzioso in sede giudiziale che quello di natura arbitrale presso l’ARBITRO BANCARIO FINANZIARIO
IL MODO DI OPERARE DELLO STUDIO
Il nostro studio ha un approccio alla materia preliminarmente di carattere giuridico, rimandando ad una fase successiva l’accertamento peritale. Tanti consumatori e aziende, in tempi recenti, si sono rivolti a società/associazioni molto pubblicizzate ottenendo costose perizie non supportate dall’analisi preventiva dei contratti. Queste società, peraltro, essendo unicamente interessate ai compensi economici derivati dalle perizie, hanno deliberatamente omesso di informare i clienti delle eventuali interpretazioni giurisprudenziali sfavorevoli ai clienti a seconda delle sedi dei tribunali competenti. A causa di questo modo di operare il risultato è stato in diversi casi catastrofico.
Il nostro studio offre quindi una preventiva consulenza sulla fattività di una azione stragiudiziale o giudiziale mirata al recupero degli interessi; solo qualora ve ne siano i presupposti si procede ad una prevalutazione peritale (gratuita) al fine di quantificare in linea di massima gli importi degli interessi da richiedere in ripetizione alla banca e successivamente verrà redatto un preventivo dei costi legali e peritali del contenzioso.
Quanto ai costi, l’analisi contrattuale e la prevalutazione peritale del contratto sono gratuiti. In caso di affidamento della pratica i compensi professionali dello studio saranno proporzionali al risultato effettivo conseguito dal cliente.
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UN ESEMPIO RICORRENTE DI CONTENZIOSO:
OPPOSIZIONE AL DECRETO INGIUNTIVO EMESSO CONTRO IL CORRENTISTA CHE NON RIESCE A RIPIANARE IL FIDO Sentenza Cassazione 21466/2013
Molto spesso accade che la banca, dopo la revoca del fido, richieda l’immediato rientro al correntista o, in alternativa, proponga un piano di dilazione con interessi oltremodo onerosi, se non usurari.
In caso di mancato accordo, l’istituto di credito richiede ed ottiene decreto ingiuntivo ed agisce, anche in sede esecutiva, contro l’ex cliente.
Spesso, soprattutto quando si tratta di un rapporto contrattuale molto datato, è facile che il debito del correntista dipenda in buona parte dalla gravosità degli interessi richiesti negli anni dalla banca, il più delle volte illegittimi, illegali e usurari.
In questo caso, se il correntista è i possesso degli estratti conto scalari del conto corrente (quelli degli ultimi dieci anni, si possono richiedere alla banca), può contrapporre al credito vantato dalla banca un proprio credito, a volte assai maggiore.
Le banche hanno infatti applicato nei contratti di conto corrente e apertura di credito, per decenni, interessi anatocistici illegali (interessi su interessi capitalizzati) e commissioni non dovute.
Sarà necessario far eseguire rapidamente una perizia econometrica sugli estratti conto, in modo da calcolare quanto la banca deve restituire e opporsi al decreto ingiuntivo sulla base della perizia stessa.
In questo caso, la giurisprudenza è assolutamente favorevole al correntista, ed i tribunali, normalmente, non concedono alla banca l’esecutività del decreto e, di fatto, congelano la situazione fino a quando non vengano accertate in causa le ragioni del correntista.
Peraltro le banche, nel richiedere l’emissione del decreto ingiuntivo al Tribunale, non producono tutti gli estratti conto relativi al rapporto, ma solo la certificazione del saldo finale, circostanza che, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione (sentenza 21466/2013)*, in caso di opposizione da parte del correntista, legittima la sospensione del decreto stesso.
In buona sostanza è bene che i correntisti, soprattutto le aziende, sappiano che quando viene loro notificato dalle banche un decreto ingiuntivo, non tutto è perduto, ed anzi, in molti casi, la situazione si può addirittura ribaltare a loro favore !
* “Tale iter argomentativo, oltre a risultare intrinsecamente contraddittorio, in quanto fondato su proposizioni logicamente incompatibili, costituite rispettivamente dall’impossibilità di procedere alla ricostruzione dell’andamento del conto sulla base della documentazione prodotta e dall’assunzione della stessa quale termine di riferimento per l’accertamento del credito, si pone in contrasto con l’elementare considerazione, fatta propria da questa Corte, secondo cui, una volta esclusa la validità della clausola in base alla quale sono stati calcolati gli interessi, soltanto la produzione degli estratti conto a partire dalla data di apertura del conto corrente consente di pervenire, attraverso l’integrale ricostruzione del dare e dell’avere con l’applicazione del tasso legale, alla determinazione del credito della banca, sempre che la stessa non risulti addirittura debitrice, una volta depurato il conto dagli interessi non dovuti. Allo stesso risultato non si può pervenire sulla base del saldo registrato alla data di chiusura del conto e della documentazione relativa all’ultimo periodo del rapporto, dal momento che quest’ultima non consente di verificare gli importi addebitati nei periodi precedenti per operazioni passive e quelli relativi agli interessi, la cui iscrizione nel conto ha condotto alla determinazione dell’importo che costituisce la base di computo per il periodo successivo (cfr. Cass., Sez. 1, 25 novembre 2010, n. 23974; 10 maggio 2007, n. 10692). E’ irrilevante, a tal fine, che il saldo iniziale risultante dalla documentazione relativa all’ultimo periodo corrisponda a quello finale riportato negli estratti conto relativi ai periodi precedenti, dei quali non sia stata dedotta l’avvenuta contestazione da parte del correntista, dal momento che, ai sensi dell’articolo 1832 c.c., la mancata contestazione dell’estratto conto e la connessa implicita approvazione delle operazioni in esso annotate riguardano gli accrediti e gli addebiti considerati nella loro realtà effettuale, nonchè la verità contabile, storica e di fatto delle operazioni annotate, ma non impediscono la formulazione di censure concernenti la validità ed efficacia dei rapporti obbligatori sottostanti (cfr. tra le piu’ recenti, Cass., Sez. 1, 26 maggio 2011, n. 11626; 19 marzo 2007, n. 6514; 18 maggio 2006, n. 11749). L’accertamento della nullità delle clausole contrattuali che pongono a carico del correntista l’obbligo di corrispondere, sugli importi di volta in volta risultanti a suo debito, gli interessi ad un tasso superiore a quello legale, prevedendone la capitalizzazione periodica, impone pertanto di procedere alla rideterminazione del saldo finale del conto mediante la ricostruzione dell’intero andamento del rapporto, sulla base delle condizioni ritenute applicabili e della documentazione contabile la cui produzione è a carico della banca. Nessun rilievo, nella specie, può assumere la circostanza che il correntista non avesse sollevato rilievi in ordine alla documentazione prodotta nel procedimento monitorio, non risultando tale comportamento processuale di per sè sufficiente a far ritenere provato il credito, in presenza delle eccezioni sollevate in ordine alla validità delle pattuizioni relative agli interessi e dell’onere probatorio gravante sulla Banca creditrice. E’ noto infatti che l’emissione del decreto ingiuntivo non determina alcuna inversione nella posizione delle parti, configurandosi la successiva fase di opposizione come un ordinario giudizio di cognizione, nell’ambito del quale trovano applicazione le consuete regole di ripartizione dell’onere della prova, con la conseguenza che il ricorrente, pur assumendo formalmente la posizione di convenuto, riveste la qualità di attore in senso sostanziale, ed è pertanto tenuto a fornire la piena prova del credito azionato nella fase a cognizione sommaria (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. 6, 11 marzo 2011, n. 5915; Cass., Sez. 3, 3 marzo 2009, n. 5071; 17 novembre 2003, n. 17371).