Il tema della prescrizione del diritto alla ripetizione degli importi illegittimamente addebitati sul conto corrente dalla banca è piuttosto complesso.
Proviamo a riassumere la questione dando un taglio pratico all’esposizione.
La sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 24428 del 2010, in ordine alla decorrenza della prescrizione del diritto alla ripetizione delle somme pagate alla banca senza valido titolo, ha operato un preciso distinguo tra versamenti con funzione ripristinatoria e versamenti con funzione solutoria della provvista.
La prescrizione decennale comincia a decorrere, per i versamenti ripristinatori della provvista nell’ambito del fido, al momento della chiusura del conto; per i versamenti a copertura delle somme prelevate extra fido, dal giorno del versamento stesso. Questo perché al di fuori della disponibilità dell’apertura di credito non vi è contratto e quindi non si può validamente sostenere che la prescrizione decorra dalla chiusura del conto corrente, che è il contratto quadro “di durata” su cui si innesta il fido.
A questo punto sorgono alcuni problemi di carattere processuale che attengono alla distribuzione, tra correntista e banca dell’ onere di allegazione, delle eccezioni e delle prove.
E’ spesso una questione di strategia processuale. Se l’avvocato che difende il cliente non dispone del contratto di apertura di credito, potrebbe trovarsi in difficoltà qualora la banca eccepisse che non vi è la prova dell’affidamento, e sostenesse che tutti i versamenti siano solutori (con decorrenza quindi immediata dei termini prescrizionali).
D’altro canto, qualora fosse onere della banca che eccepisce la prescrizione produrre il contratto di fido, per documentare quali rimesse abbiano carattere solutorio perché ripristinatorie di somme prelevate oltre la disponibilità, il correntista avrebbe buon gioco a non produrre alcunché.
La questione, come si è detto, è tuttora in discussione; tuttavia un chiarimento forse risolutivo è stato offerto recentemente dalla Cassazione (Cass. civ., sez. I, 26 febbraio 2014, n. 4518 – Pres. Salmè – Est. Maria Acierno). Secondo il Giudice di legittimità ” i versamenti eseguiti sul conto corrente, durante la vigenza del contratto, hanno normalmente funzione ripristinatoria della provvista e non determinano uno spostamento patrimoniale dal solvens all’accipiens e, poiché tale funzione corrisponde allo schema causale tipico del contratto, una diversa finalizzazione dei singoli versamenti, o di alcuni di essi, deve essere in concreto provata da parte di chi intende far percorrere la prescrizione dalle singole annotazioni delle poste illegittimamente addebitate.”
In buona sostanza i giudici della Cassazione ritengono che i versamenti abbiano presuntivamente carattere ripristinatorio, in relazione alla funzione tipica del contratto di conto corrente, così che è la banca, al fine di eccepire l’eventuale prescrizione, a dover dimostrare, producendo i contratti di affidamento, che prelievi e rimesse siano avvenuti in assenza di disponibilità.
Quanto affermato dalla Suprema Corte, conferma in qualche modo la validità della decisione della Corte di Appello di Torino, sentenza 23 febbraio 2012, la quale aveva dedotto l’esistenza del fido, in assenza di produzione del contratto, dal semplice fatto che il conto corrente dell’attore fosse costantemente “in rosso” e aveva stabilito che era onere della banca, in virtù del principio di prossimità della prova, dimostrare la soglia dell’ affidamento al fine di considerare pagamenti solutori i versamenti eseguiti dal correntista sul conto corrente passivo
Ancora da citare, in punto onere della prova, la sentenza della Corte d’Appello di Milano, sez. I, 20/02/2013, Pres. Vigorelli, Est. C.R. Raineri, la quale ha affermato che la banca è tenuta ad eccepire l’intervenuta prescrizione, non in forma generica, bensì specificamente, precisando il momento iniziale dell’inerzia del correntista in relazione a ciascun versamento extrafido con funzione solutoria.
Vanno fatte, sempre in argomento prescrizione due ulteriori osservazioni.
La prima, è che qualora nel corso del contratto di conto corrente affidato il correntista effettui una rimessa che porti il saldo a zero, il pagamento ha carattere solutorio, e quindi da quell’ultima operazione decorre la prescrizione decennale del diritto di ripetizione di indebito; la seconda, è che nel caso di conto corrente ancora aperto, l’azione da esperirsi non è recuperatoria e di condanna, ma di accertamento di nullità delle cluasole anatocistiche e delle imputazioni, con la conseguenza che la banca non può eccepire la prescrizione. Infatti il diritto all’accertamento delle nullità non è soggetto a prescrizione (Tribunale di Udine, 29 ottobre 2013, n. 1328).
30 marzo 2014
Avv. Luigi Riccio