La sentenza 18773/2016 recentemente pronunciata dai giudici di legittimità, fa chiarezza in ordine alla metodologia di accertamento delle lesioni e dei postumi invalidanti con riferimento al dettato dei commi 3-ter e 3-quater dell’art. 32 D.L. n.1/2012, convertito in Legge 27/2012, che ha modificato l’ artt. 139  del Codice  delle Assicurazioni.

Si ricorda che il citato comma 3 ter ha integrato l’art. 139 del Codice delle Assicurazioni con la seguente disposizione “in ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obbiettivo, non potranno dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente”. Il  comma quater stabilisce che “ il danno alla persona per lesioni di lieve entità di cui all’art. 139 è risarcito solo a seguito di riscontro medico legale da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l’esistenza della lesione” .

La riforma aveva da subito fatto sorgere perplessità e discussioni in ordine all’ interpretazione del testo, sicuramente  mal formulato, atteso che le due disposizioni normative ad una semplice lettura paiono contraddittorie.  Non risulta infatti chiaro se l’accertamento del danno biologico  di  lieve entità debba essere condotto dal medico legale in modo strumentale o solo clinico (visivo).

La Corte Costituzionale, con sentenza n.235/2014, attraverso un obiter dictum (questione affrontata incidentalmente) ha successivamente  affermato che per il riconoscimento del danno biologico permanente occorra un riscontro strumentale (TAC – radiografia ecc.), mentre per la liquidazione della invalidità temporanea sia sufficiente il riscontro visivo [1].

La Corte Costituzionale ha poi ancora ripetuto l’assunto con la sentenza n. 242 del 26/11/2015, rigettando la questione di incostituzionalità proposta e asserendo che “ l’interesse risarcitorio particolare del danneggiato deve comunque misurarsi con quello, generale e sociale, degli assicurati ad avere un livello accettabile e sostenibile dei premi assicurativi»  [2].

La recente sentenza della Corte di Cassazione va invece nella direzione opposta.

La Suprema Corte afferma in sostanza che non vi è distinzione tra i criteri di indagine che costituiscono il patrimonio tecnico culturale del medico legale, così che spetta al medico legale accertare la sussistenza della lesione con la metodologia che riterrà idonea [3] .

E’ evidente che la Suprema Corte ritenga, in linea con i principi costituzionali e con la propria giurisprudenza, che la lesione, qualora accertata, debba comunque dare luogo al risarcimento, poiché il danno all’integrità della persona costituisce violazione di un diritto costituzionalmente protetto.

Sul piano pratico occorre ora attendere gli sviluppi.

Ci si può legittimamente domandare se le indicazioni dei giudici di legittimità saranno recepite dai medici legali. Sicuramente non avranno alcun seguito presso i professionisti fiduciari delle compagnie, mentre potranno essere recepite dai consulenti del giudice, spesso imparziali ed attenti.

Quanto ai giudici di merito, questi sono soggetti solo alla legge e non sono vincolati dalle pronunce interpretative di rigetto della Corte Costituzionale (come quelle richiamate), avendo il solo obbligo di non applicare una norma ritenuta incostituzionale dalla Corte stessa.

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[1] “ Tali nuove disposizioni – che, in quanto non attinenti alla consistenza del diritto al risarcimento delle lesioni in questione, bensì solo al momento successivo del suo accertamento in concreto, si applicano, conseguentemente, ai giudizi in corso (ancorché relativi a sinistri verificatisi in data antecedente alla loro entrata in vigore) – rispettivamente comportano, per tali lievi lesioni:

– la necessità di un “accertamento clinico strumentale” (di un referto di diagnostica, cioè, per immagini) per la risarcibilità del danno biologico permanente;

– la possibilità anche di un mero riscontro visivo, da parte del medico legale, per la risarcibilità del danno da invalidità temporanea.”

[2]Considerato che, con la recente sentenza n. 235 del 2014, questa Corte ha già, per un verso, escluso che la “necessità” del riscontro strumentale sia riferibile al danno temporaneo (che, ai sensi del comma 3-quater del citato art. 32 del d.l. n. 1 del 2012, come convertito dalla l. n. 27 del 2012, può quindi, essere anche solo «visivamente», appunto, accertato, sulla base di dati conseguenti al rilievo medico-legale rispondente ad una corretta metodologia sanitaria) ed ha, per altro verso, ritenuto non censurabile la prescrizione della (ulteriore e necessaria) diagnostica strumentale ai fini della ricollegabilità di un danno “permanente” alle microlesioni di che trattasi;

che, in relazione a tale seconda tipologia di danno, la limitazione imposta al correlativo accertamento (che sarebbe altrimenti sottoposto ad una discrezionalità eccessiva, con rischio di estensione a postumi invalidanti inesistenti o enfatizzati) è stata, infatti, già ritenuta rispondente a criteri di ragionevolezza, in termini di bilanciamento, «in un sistema, come quello vigente, di responsabilità civile per la circolazione dei veicoli obbligatoriamente assicurata, in cui le compagnie assicuratrici, concorrendo ex lege al Fondo di garanzia per le vittime della strada, perseguono anche fini solidaristici, e nel quale l’interesse risarcitorio particolare del danneggiato deve comunque misurarsi con quello, generale e sociale, degli assicurati ad avere un livello accettabile e sostenibile dei premi assicurativi»;

che – alla stregua di tali considerazioni, delle quali non poteva tener conto l’ordinanza di rimessione adottata nel giudizio a quo, emessa prima della richiamata sentenza n. 235 del 2014 – la questione in esame è, pertanto, manifestamente infondata.”

 

[3]Sono invece fondate le doglianze che impugnano la ratio decidendi della sentenza di appello là dove questa ha escluso che la B. abbia fornito la prova, secondo le “rigorose modalità prescritte ex lege”, delle lesioni lievi, di carattere non permanente, subite, in quanto ritenute “non suscettibili di apprezzamento obiettivo clinico”.

Invero, il citato art. 32, comma 3 quater, così come il precedente comma 3 ter, sono da leggere in correlazione alla necessità (da sempre viva in siffatto specifico ambito risarcitorio), predicata dagli artt. 138 e 139 cod. ass. (che, a tal riguardo, hanno recepito quanto già presente nel “diritto vivente”), che il danno biologico sia “suscettibile di accertamento medico-legale”, esplicando entrambe le norme (senza differenze sostanziali tra loro) i criteri scientifici di accertamento e valutazione del danno biologico tipici della medicina-legale (ossia il visivo-clinico-strumentale, non gerarchicamente ordinati tra loro, nè unitariamente intesi, ma da utilizzarsi secondo le leges artis), siccome conducenti ad una “obiettività” dell’accertamento stesso, che riguardi sia le lesioni, che i relativi postumi (se esistenti)” Cass. Civile, sez. III, sentenza 26/09/2016 n° 18773.