La maggior parte delle polizze assicurative relative ai “rami elementari”, ovvero le polizze che offrono la copertura per i danni da furto, incendio, infortunio ecc., contengono una clausola che obbliga l’assicurato, in caso di mancato accordo sull’importo dell’indennizzo, a procedere all’esperimento della così detta “perizia contrattuale”. Trattasi di una procedura peritale collegiale che prevede la nomina di un perito per ogni parte (assicurato e compagnia) e, in caso di disaccordo tra questi, la nomina di un terzo perito. Le parti, quanto all’ammontare del danno e quindi dell’indennizzo dovranno sottostare alla decisione del perito.
I costi sono ripartiti tra le parti, così che l’assicurato dovrà pagare il proprio perito ed eventualmente metà del terzo perito.
La giurisprudenza della Cassazione è stata chiamata più volte ad esaminare la validità di detta clausola contrattuale sotto due profili; il primo riguardante la riconducibilità della clausola nel novero delle disposizioni vessatorie ex art. 1341 c.c., il secondo con riferimento alle norme poste a protezione del consumatore.
Riguardo al primo profilo i giudici di legittimità hanno ritenuto che la disposizione contrattuale che prevede l’esperimento di perizia collegiale non costituisca clausola vessatoria, in quanto non esclude la possibilità per il contraente più debole di adire l’autorità giudiziaria per motivi di diritto (Cassazione civile , sez. III , 30/11/2018 , n. 31014 ) [1]; quanto alla sua applicabilità nei confronti del consumatore la Suprema Corte si è invece espressa in termini ben diversi, ritenendola abusiva, e quindi inefficace nei confronti dell’assicurato/consumatore.
Per i Giudici di legittimità, infatti, la clausola che obbliga l’assicurato ad accettare la decisione a maggioranza del collegio peritale preclude all’utente di servizi assicurativi il potere di sottoporre al controllo dell’autorità giudiziaria (che offre le massime garanzie di legalità e imparzialità di giudizio) la questione della valutazione dei danni, quindi della misura dell’indennizzo spettante, vale a dire una questione di primaria importanza quanto all’interesse all’adempimento.
Inoltre, la clausola contenente l’obbligo di procedere a perizia contrattuale per la valutazione dei danni configura gli estremi di abusività anche sotto il profilo della rispondenza della stessa al principio generale di cui al comma 1 dell’art. 33 cod. cons., secondo il quale sono abusive tutte le clausole che comportano un significativo squilibrio tra diritti ed obblighi derivanti dal contratto.
Si aggiunga poi, come rilevato dalla Cassazione stessa, che i costi dell’arbitrato sono più onerosi per l’assicurato che per l’assicuratore, non solo da un punto di vista economico, ma pure per la differente conoscenza “dell’ambiente, del personale e dei potenziali arbitri” che sussiste tra l’isolato assicurato/consumatore e l’assicuratore, avvezzo ad una serialità di procedure siffatte.
Si richiama in punto Cassazione civile sez. III – 10/04/2015, n. 7176 [2] .
Quanto alla
giurisprudenza di merito v’è da segnalare una datata sentenza del Tribunale di
Torino (Trib.Torino, 27/11/2001) e soprattutto la recente e articolata sentenza
sempre del Tribunale di Torino, del 2019 (Tribunale di Torino, IV sez.
Dott.ssa Tassone 1/02/2019, n. 511) [3]
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[1] “ La clausola di un contratto di assicurazione con la quale le parti conferiscono ad una o più persone il potere di effettuare una perizia contrattuale con accertamento sostitutivo della loro volontà e per esse vincolante non ha carattere compromissorio o, comunque, derogativo della competenza del giudice ordinario, per cui non rientra tra quelle da approvarsi specificamente per iscritto ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c. ; conseguentemente una siffatta clausola non si pone in contrasto con la funzione indennitaria dell’assicurazione in quanto essa non prevede un meccanismo di corresponsione dell’onorario degli arbitri, indipendente dall’esito della controversia, nel senso che ciascuna parte sia tenuta al pagamento dell’arbitro da essa nominato e di metà di quello dovuto al terzo, a prescindere dal fatto che risulti vittoriosa o soccombente. Cassazione civile , sez. III , 30/11/2018 , n. 31014
[2] “La clausola contenente l’obbligo di procedere a perizia contrattuale per la valutazione dei danni — così come strutturata nel caso in esame — configura gli estremi della clausola abusiva, interpretando i principi di cui al comma 3, n. 18, alla luce del principio di cui al comma 1 del medesimo art. 1469-bis c.c., secondo cui sono abusive le clausole che comportino un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”. Cassazione civile sez. III – 10/04/2015, n. 7176
[3] “..la suddetta clausola appare anche abusiva e lesiva del diritto del consumatore ad adire la giurisdizione ordinaria (v. Cass., 7176/2015 e 9315/2015) e determina un significativo squilibrio tra le parti nella misura in cui impone al consumatore di derogare alla competenza dell’autorità giudiziaria sopportando significative spese per il perito da lui designato nonché per la metà dei compensi del terzo perito, con conseguente sostanziale riduzione dell’indennizzo ovvero con conseguente rinuncia al diritto se le spese dovessero superare l’ammontare dell’indennizzo stesso (v. anche Trib. Terni, 4.7.2015, secondo cui ‘con riferimento alla eccezione d’improcedibilità o nullità della domanda proposta dall’attore per non aver azionato la procedura arbitrale prevista nelle condizioni di polizza, osserva il Giudicante che l’art. 13 delle condizioni di polizza va dichiarato nullo trattandosi di clausola vessatoria ex art. 33, lett.t, Codice del Consumo (D. Lgs. 06/09/2005, n. 206) in quanto deroga alla competenza dell’Autorità Giudiziaria. …..Sul punto, infatti, deve ritenersi che la clausola, inserita in un contratto di assicurazione, che imponga di ricorrere ad una perizia contrattuale per stabilire l’indennizzabilità della malattia o dell’infortunio, nonché la misura dei rimborsi o delle indennità, è nulla, in quanto introduce un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto ai danni del consumatore e quindi va qualificata come vessatoria ex art. 1469-bis, comma 1, c.c.” Tribunale di Torino, IV asez. Dott.ssa Tassone01/02/2019, n. 511