Non di rado capita che  il danneggiato, il quale  abbia subito lesioni per un fatto colposo di terzi, oltre a richiedere il risarcimento dei danni al responsabile civile si trovi nella possibilità di avvalersi  dell’indennizzo assicurativo dovutogli in forza di una propria polizza  infortuni.

Il caso più comune è quello dell’automobilista rimasto leso in un sinistro stradale titolare di una  polizza infortuni del conducente, che è tipica garanzia accessoria della polizza R.C.A.

Normalmente in questo caso il danneggiato ottiene sia il risarcimento dal responsabile civile che l’indennizzo dal proprio assicuratore. Invero, nella maggior parte dei casi, le compagnie di assicurazione non sollevano eccezioni.

Tuttavia, in dottrina ed in giurisprudenza si discute da tempo sulla cumulabilità delle due fattispecie, ovvero  risarcimento ed indennizzo assicurativo.

Secondo la giurisprudenza più datata della Suprema Corte, (Cass. civ., sez. III, 10 febbraio 1999 n. 1135) indennizzo e risarcimento sono cumulabili perché si fondano su ragioni giuridiche e su titoli diversi [1].

Di segno opposto è invece la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione: sentenza Cass. Civ., Sez.Un.., 10 aprile 2002 n. 5119.

Le Sezioni Unite, per giungere alla conclusione del divieto di cumulo, hanno approfondito la dibattuta   questione della funzione e dell’inquadramento  della polizza infortuni con riguardo alle tipologie assicurative indicate dall’art. 1882 C.C. che opera legislativamente la distinzione tra polizza danni e polizza vita:  “L’assicurazione è il contratto col quale l’assicuratore, verso il pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro, ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana”.

Secondo la Corte la polizza infortuni è una polizza contro i danni, con conseguente esclusione del cumulo degli indennizzi, così come previsto dall’art. 1910 C.C., infatti:

  1. Il comma 4 dell’art. 1916 C.C. prevede espressamente che le disposizioni dettate dal medesimo articolo, concernenti il diritto di surrogazione dell’assicuratore, “si applicano anche alle assicurazioni… contro le disgrazie accidentali”; la polizza infortuni è una polizza contro le disgrazie accidentali, quindi, poiché la surroga nei confronti del responsabile civile da parte dell’assicuratore impedisce al danneggiato il cumulo tra risarcimento e indennizzo, anche la polizza  infortuni avrebbero funzione indennitaria [2].
  2. L’infortunio ha sempre conseguenze di carattere patrimoniale, non solo nel caso di lesione della specifica o generica attività lavorativa, ma anche in caso di danno meramente non patrimoniale (danno biologico) perché il ristoro di quest’ultimo avviene in termini patrimoniali con riferimento a tabelle di liquidazione [3] . Poiché la polizza infortunio mira ha reintegrare una situazione economico patrimoniale si configura come assicurazione contro i danni.

La Corte giunge alla conclusione che il contrasto giurisprudenziale vada composto affermando che all’ assicurazione contro le disgrazie accidentali (non mortali), in quanto partecipe della funzione indennitaria propria dell’assicurazione contro i danni, vada estesa l’applicazione dell’art.1910 C.C., “ trattandosi di norme dettate a tutela del principio indennitario, per evitare che, mediante la stipulazione di più assicurazioni per il medesimo rischio, l’assicurato, ottenendo l’indennizzo da più assicuratori, persegua fini di lucro conseguendo un indebito arricchimento”.

Per le Sezioni Unite, atteso dunque che l’indennizzo assicurativo ha natura indennitaria, non si possono cumulare gli indennizzi di più polizze, come pure  l’indennizzo con il risarcimento ottenuto dal responsabile civile; ciò atteso anche il diritto di rivalsa dell’assicuratore contro il responsabile dell’evento ex art. 1916 C.C.

Va subito rilevato, in punto,  che la stessa Corte di Cassazione con sentenza di poco successiva a quella succitata (Cass. Civ. Cass. civ., sez. III, 6 dicembre 2004 n. 22883), ha ritenuto che il cumulo tra risarcimento e indennizzo da polizza infortuni sia possibile quando l’assicuratore abbia rinunciato alla  surroga ex art. 1916 C.C.[4]

In tempi più recenti la Cassazione, tornando sull’argomento, con la sentenza, n.13233/2014 si è allineata al concetto espresso dalle Sezioni Unite escludendo il diritto al cumulo anche nel caso in cui in polizza vi sia l’espressa rinuncia alla surroga nei confronti del responsabile [5]. Per gli Ermellini prevale infatti la tesi secondo cui  il principio indennitario ha natura di ordine pubblico è quindi non può essere derogabile neppure dalla rinuncia alla surroga.

Le conclusioni ha cui è giunta la più recente giurisprudenza sono state sottoposte a numerose critiche sia sotto il profilo teorico che pratico.

Si è infatti rilevato che  le polizze infortuni hanno spesso massimali per l’invalidità permanente assai più alti dei comuni barèmes risarcitori legislativi e giurisprudenziali,  così da sembrare fuori luogo il richiamo al principio indennitario

Così si è osservato che l’applicazione del principio di non cumulabilità, anche quando vi sia rinuncia alla rivalsa da parte dell’assicuratore,  ha come conseguenza che il responsabile civile potrebbe andare esente dall’obbligo di risarcimento nel caso in cui l’assicuratore abbia già indennizzato il danneggiato, circostanza manifestamente ingiusta.

A sommesso avviso dello scrivente,  anche aderendo alla tesi indennitaria, qualora il massimale di polizza fosse più alto dei barèmes risarcitori civilistici (es.Tabelle di Milano), il danneggiato avrebbe comunque diritto di ottenere dall’assicuratore la maggior somma liquidabile, attesa la parzialità dell’eventuale surroga. Ciò anche in considerazione che non esiste un valore economico della vita o ella salute predefinito, così che detto valore ben può essere stabilito da ciascuno riguardo a se stesso.

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[1]Infatti il sopra citato principio indennitario non suffraga la tesi della parte ricorrente, dato che l’indennizzo derivante da una assicurazione contro gli infortuni non vale a mutare l’entità del danno sofferto nei rapporti tra danneggiato e responsabile. Occorre a tal proposito ricordare che “In tema di risarcimento del danno da fatto illecito, il principio della “compensatio lucri cum damno” può trovare applicazione solo nel caso in cui il vantaggio ed il danno siano entrambi conseguenza immediata e diretta del fatto illecito, quali suoi effetti contrapposti, e, quindi, non opera allorché l’assicurato contro gli infortuni riceva dall’assicuratore il relativo indennizzo per la lesione patita a causa del fatto illecito del terzo, poiché, in tal caso, siffatta prestazione ripete la sua fonte e la sua ragione giuridica dal contratto di assicurazione e cioè da un titolo diverso ed indipendente dall’illecito stesso, il quale costituisce soltanto la condizione (infortunio) perché questo titolo spieghi la sua efficacia, senza che il correlativo effetto di incremento patrimoniale eventualmente conseguito dall’infortunato possa incidere sul “quantum” del risarcimento dovuto dal danneggiante.” (Cass. 4475 del 15-04-1993; cfr. anche Cass. 5650 del 19.6.96).

[2] “.In primo luogo, va rilevato che l’art. 1916, comma 4, prevede espressamente che le disposizioni dettate dal medesimo articolo, concernenti il diritto di surrogazione dell’assicuratore, “si applicano anche alle assicurazioni… contro le disgrazie accidentali”.  Ora, poiché il diritto di surrogazione dell’assicuratore, in quanto mira ad impedire il cumulo nello stesso soggetto del diritto al risarcimento verso il terzo responsabile e del diritto all’indennizzo verso l’assicuratore, costituisce sicura applicazione del principio indennitario, l’esplicita estensione della relativa disciplina all’assicurazione contro gli infortuni consente di affermare che anche questo tipo di assicurazione si caratterizza per la funzione indennitaria”.

[3] “Va altresì considerato che l’infortunio è sicuramente evento produttivo di danno per l’assicurato: danno patrimoniale, qualora incida sulla capacità di lavoro del soggetto leso, da valutarsi in relazione al grado dell’inabilità o invalidità, alla natura dell’attività svolta dall’assicurato ed al suo reddito; ovvero, qualora l’infortunio venga in considerazione come rischio destinato ad incidere sulla qualità della vita dell’assicurato indipendentemente dalla sua capacità di lavoro e di guadagno, danno non patrimoniale, ma pur sempre patrimonialmente valutabile, come attesta l’elaborazione giurisprudenziale in tema di valutazione, mediante apposite tabelle, del danno biologico.  L’infortunio, in quanto evento dannoso da indennizzare, ben può quindi essere ricondotto nell’ambito di applicazione del principio indennitario”.

[4]È discusso se la finalità della surroga sia la tutela del principio indennitaria e, cioè, evitare che il danneggiato possa conseguire un doppio indennizzo oppure la tutela del principio di responsabilità e, cioè, impedire che il terzo responsabile del danno si avvantaggi dell’assicurazione; nella giurisprudenza di questa Corte è pacifico che la surroga non opera automaticamente per effetto del solo pagamento dell’indennità, ma è subordinata ad una dichiarazione di volontà dell’assicuratore diretta al terzo responsabile (ex plurimis Cass. 26.5.1994, n. 5165; Cass. 25.1.1991, n. 757); con la conseguenza che a seguito della dichiarazione il danneggiato perde la legittimazione a pretendere il risarcimento dal responsabile fino alla concorrenza dell’ammontare della surroga e la legittimazione si trasferisce all’assicuratore; al contrario, se quest’ultimo non si avvale della surroga, il danneggiato ha diritto al risarcimento integrale senza che il responsabile possa opporgli l’avvenuta riscossione dell’indennità (Cass. 19.8.2003, n. 12101; Cass. 25.1.1991, n. 757). Bisogna avvertire che, ammettendo l’automaticità della surroga, si impedisce all’assicurato di conseguire il doppio indennizzo, ma si produce l’iniquo risultato che la rinuncia dell’assicuratore alla surroga giova al terzo responsabile, il quale consegue un ingiustificato quanto ingiusto vantaggio; diversamente deve dirsi se si esclude l’automaticità della surroga; nel qual caso la rinuncia giova al danneggiato.

[5] “Nemmeno la preventiva rinuncia dell’assicuratore all’esercizio del diritto di surroga ex art. 1916 c.c., può consentire all’assicurato di cumulare il risarcimento ottenuto dal terzo con l’indennizzo dovuto dall’assicuratore, per le seguenti ragioni:

– perché il diritto di surroga dell’assicuratore non è un elemento essenziale del contratto di assicurazione, e può dunque mancare senza che il contratto di assicurazione perda la sua funzione indennitaria;

– perché la rinuncia al diritto di surroga giova solo al responsabile civile, non al danneggiato, il quale anche in questo caso non può cumulare risarcimento del terzo ed indennità dell’assicuratore;

–  perché il principio indennitario in materia assicurativa è principio di ordine pubblico e quindi inderogabile.

Deve dunque concludersi nel senso che indennizzo dovuto dall’assicuratore e risarcimento dovuto dal responsabile assolvano ad una identica funzione risarcitoria, e non possano essere cumulati, non perché nel caso di specie non trovi applicazione l’istituto della compensatio lucri cum damno, ma semplicemente perché non c’è più danno risarcibile per la parte indennizzata dall’assicuratore.