Tribunale di Torino del 24 Aprile 2018. G.U. Miglietta
La sentenza in commento, recentemente pubblicata online da Il Caso.it, offre l’opportunità di approfondire alcuni aspetti relativi alla metodologia di accertamento dell’usura nei contratti di finanziamento.
Si richiama in argomento l’articolo pubblicato sul nostro sito in data 13/08/2013 (MUTUI – FINANZIAMENTI – IL PREMIO DI ASSICURAZIONE PER IL RISCHIO FINANZIARIO DEVE ESSERE COMPUTATO AL FINE DELLA VERIFICA DELL’ USURARIETA’ DEL FINANZIAMENTO – Cassazione civile, sez. I, 16/04/2018, n. 9298)
La questione dell’imputazione dei costi assicurativi del finanziamento nel TEG
La decisione qui analizzata si allinea con quel filone giurisprudenziale il quale ritiene che l’accertamento del superamento del tasso soglia d’usura nei finanziamenti al consumo e con cessione del quinto dello stipendio si debba eseguire computando nel TEG (tasso effettivo globale) anche il premio assicurativo pagato dal mutuatario a garanzia dell’assolvimento dell’obbligo di restituzione delle somme date a prestito (CPI -Credit Protection Insurance).
La sentenza del Tribunale di Torino ha nuovamente evidenziato la necessità di discostarsi dalle istruzioni di Banca d’Italia, in vigore sino al primo gennaio 2010, le quali escludevano che nel TEG si computassero i costi attinenti a polizze intese ad assicurare al mutuante il rimborso totale o parziale del credito; ciò in considerazione della funzione propria delle Istruzioni della Banca d’Italia e della posizione da esse assunte nel sistema delle fonti del nostro Ordinamento.
Il Tribunale di Torino ha richiamato in materia la motivazione di una recente sentenza della Corte di Cassazione (Cass. 5 aprile 2017, n. 8805): “è opportuno muovere dalla recepita rilevazione che la normativa di divieto di rapporti usurari – così come espressa dall’art. 644 cod. pen., nella versione introdotta dalla legge n. 108/1996, nel suo art. 1 – considera rilevanti tutte le voci del carico economico che si trovino applicate nel contesto dei rapporti di credito. Secondo quanto in effetti dispone la norma del comma 5 dell’art. 644, “per la determinazione del tasso di interessi si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all’erogazione del credito”. Del resto, non avrebbe neppure senso opinare diversamente nella prospettiva della repressione del fenomeno usurario, l’esclusione di talune delle voci per sé rilevanti comportando naturalmente il risultato di spostare la sostanza del peso economico del negozio di credito dalle voci incluse verso le voci escluse”.
Il Tribunale di Torino ha poi richiamato la decisione della Corte di Appello di Torino (Corte Appello Torino 20.12.2013), la quale aveva rilevato che “le Istruzioni della Banca d’Italia non sono dettate al fine di indicare in generale come debba essere conteggiato il TEG, ossia il tasso effettivo globale applicato dalla banca alla singola operazione con il cliente, ma sono rivolte alle banche e agli operatori finanziari per rilevare il TEGM, ossia il tasso effettivo globale medio applicato per operazioni omogenee in un determinato periodo, sulla base del quale il competente Ministero dell’Economia e delle Finanze emana trimestralmente un decreto nel quale indica appunto il TEGM e il conseguente tasso soglia ai fini dell’usura”.
Il Tribunale di Torino, con riferimento ai summenzionati principi ha quindi aderito alla tesi secondo cui l’accertamento dell’usurarietà del finanziamento si effettua computando anche i costi assicurativi nel TEG.
La sentenza in commento risulta essere conforme ad altre sentenze del medesimo ufficio giudiziario. Tra queste Tribunale di Torino 4505/2017 (causa patrocinata dal nostro studio).
La questione dell’USURA ORIGINARIA e SOPRAVVENUTA
Il Tribunale, esaminando un altro contratto sottoposto al suo vaglio nel medesimo giudizio, ha poi accertato che nel corso del rapporto contrattuale il TEG aveva superato il tasso soglia per effetto dell’estinzione anticipata del finanziamento . Infatti le clausole contrattuali prevedevano il pagamento anticipato di tutte le commissioni collegate all’erogazione ed alla gestione del prestito e, in caso di avvenuta estinzione anticipata, il diniego del rimborso delle quote non maturate delle commissioni stesse[1].
Correttamente il Tribunale ha ritenuto trattarsi di un caso di usura originaria, in quanto derivata dagli effetti di clausole pattuite al momento della sottoscrizione del contratto.
La sentenza in commento prende dunque posizione richiamando in argomento l’indirizzo del Tribunale di Torino in materia di usura originaria e sopravvenuta, e lo fa dopo aver citato le due principali tesi propugnate dalla giurisprudenza.
“ Secondo un primo orientamento giurisprudenziale, la norma di interpretazione autentica del d.l. 394/2000 (“si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento”) prevederebbe “un divieto di pattuizione che attribuisce rilevanza all’onere eventuale (tipicamente: interesse di mora, penale di estinzione anticipata) per il solo fatto di essere stato promesso e di poter generare, a determinate condizioni, costi superiori alla soglia d’usura, indipendentemente dal fatto che quelle condizioni si siano materialmente verificate e che il costo del credito abbia effettivamente superato i limiti del penalmente lecito” (cfr. ad es. Tribunale Udine, 26.9.2014). Seguendo questo orientamento, si giunge alla conclusione che l’usura deve essere verificata “sia nello scenario di un pieno rispetto del piano di ammortamento convenuto, sia in ogni possibile scenario nel quale, a seguito dell’inadempimento a una o più scadenze, con l’applicazione del maggiore interesse di mora e a fronte del mutamento che interviene nel piano di rimborso, si modifica conseguentemente il tasso effettivo annuo del credito erogato”. Dunque, l’onere eventuale è rilevante solo perché promesso, indipendentemente da quale sia stata l’esecuzione effettiva del contratto, poiché, tra tutti gli scenari possibili, è sufficiente che il perito verifichi che nel worst case, consistente “nell’inadempimento di tutte le rate, ma pagamento di tutte le more via via maturate”, il contratto esprima un TEG superiore al tasso soglia, per affermare con giudizio a priori la nullità ex art. 1815 c.c. e quindi la gratuità del mutuo. Il Tribunale aderisce ad un altro orientamento (ben espresso nella sentenza Trib. Torino, 17.4.2016), ritenuto più attento alla ratio normativa e al principio di conservazione del contratto. Secondo tale orientamento, la sanzione prevista dall’art. 1815 c.c. deve essere applicata solo allorché il costo usurario pattuito abbia un impatto effettivo sul costo complessivo del credito: gli interessi moratori ed ogni altro onere eventuale, dunque, rientrano nel calcolo del TEG solo se si siano effettivamente verificate le condizioni di contratto a cui era subordinata la loro applicabilità. A contrario, rimangono irrilevanti, ai fini della verifica di usurarietà, le voci di costo, bensì collegate all’erogazione del credito, ma meramente potenziali, perché non dovuti per effetto della mera conclusione del contratto, ma subordinate al verificarsi di eventi futuri non verificatisi, o irreali, perché non dovute per effetto della mera conclusione del contratto e subordinate al verificarsi di eventi che non si sono verificati, né potranno verificarsi in seguito. .
La motivazione della sentenza si conclude quindi con l’adesione alla tesi secondo cui la sanzione prevista dall’art. 1815 c.c. si applica solo quando il costo usurario pattuito abbia un impatto effettivo sul costo complessivo del credito: gli interessi moratori ed ogni altro onere eventuale, dunque, rientrano nel calcolo del TEG solo se si siano effettivamente verificate le condizioni di contratto a cui era subordinata la loro applicabilità
[1] Art. 125 sexies T.U.B., ai sensi del quale “il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore. In tal caso il consumatore ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito, pari all’importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto” – Ministero del Tesoro 8 luglio 1992 (art. 3, comma 1, “Adempimento anticipato”), – Disposizioni di Vigilanza del 29 luglio 2009 e la Comunicazione del Governatore della Banca d’Italia del 10 novembre 2009.